domenica 5 giugno 2016

Siamo "nati" per leggere?

Ma siamo veramente "nati per leggere"? Questa curiosa affermazione che è diventata il nome di un programma di promozione della lettura in epoca precoce ormai diffuso in tutto il nostro Paese in oltre 500 realtà di diversa ampiezza, locale e regionale, in verità risulta poco veritiera. Come dice Maryanne Wolf nel libro "Proust e il calamaro" il nostro cervello ha inventato il linguaggio seimila anni fa al tempo dei Sumeri in Mesopotamia, ma imparare a leggere è difficile, sia come comprensione dei codici linguistici che come messa in relazione dei significati con il nostro vissuto. Secondo la Wolf la lettura non è un’attitudine naturale dell’uomo, ma una sua geniale invenzione, per la quale l'uomo ha adattato il suo cervello con strutture e collegamenti neuronali che in origine erano destinati a processi basilari riguardanti la vista e il linguaggio. Il cervello quindi ha dovuto costruire una struttura che consenta l'apprendimento diverso dal parlato, di tipo cumulativo, per rinnovare e rielaborare quanto appreso in precedenza e creare nuovi pensieri. Possiamo quindi affermare che la cultura così come ora la conosciamo è figlia del cervello che legge.
In questa prospettiva possiamo immaginare quanto la condivisione di un libro con un bambino possa sostenere questo processo complicato di comprensione delle parole e dei significati.
Oltretutto il vocabolario di un bambino, esposto sin dalla più tenera età agli stimoli e ai benefici della lettura, sarà sicuramente più ricco e più vario e sotto l’aspetto cognitivo. Questa profonda proprietà del linguaggio corrisponderà a maggiori capacità di comprensione, a un quoziente intellettivo più elevato, a una futura capacità di lettura più fluente e a un più profondo desiderio di apprendere. La lettura condivisa stimolerà la sua curiosità e gli effetti di un intervento precoce avranno ulteriori benefici anche a lunga distanza.
Quando vediamo un bambino assorto in un libro, che indica le figure, che completa le frasi, dobbiamo immaginare che in quel momento prova piacere ma allo stesso tempo qualcosa di straordinario sta succedendo nel suo cervello.
Gli effetti cognitivi della lettura sono notevoli e si spiegano, da un punto di vista biologico, con le evidenze sulla plasticità del cervello del bambino nei primi mesi e anni di vita e sugli effetti, sia positivi sia negativi, di stimoli ed esposizioni precoci.
Una larga parte dell’evoluzione del cervello è pre-programmata fin dal periodo prenatale. Anche dopo la nascita le cellule cerebrali si producono e successivamente l’esperienza diventerà il principale motore della sopravvivenza delle cellule. Esistono dei cosiddetti “periodi critici” nei primi mesi e anni di vita nei quali alcune funzioni si sviluppano maggiormente, come ad esempio quelle relative alla vista e all’udito e quelle relative al linguaggio e alla produzione verbale. Le abilità cognitive associate alla condivisione del libro, come la memoria, la creatività, la comprensione, nominare e indicare le figure, assicurano che le connessioni cerebrali persistano.

Nell'immagine in prospettiva bidimensionale, si vede il numero di cellule cerebrali, i neuroni, che dalla nascita, ad un mese, a sei mesi e a due anni si può dire che aumentino molto poco. Invece quelle che aumentano in maniera esponenziale sono le connessioni che sono frutti di sinapsi tra i neuroni. Questi collegamenti sono tanto più ricchi quanto più il bambino viene esposto a stimoli ambientali.
E' affascinante immaginare quello che accade nei primi mesi e anni di vita da un punto di vista biologico nel bambino!

Per chi volesse approfondire la filosofia dei "Primi mille giorni di vita" di cui anche il Centro per la Salute del Bambino è promotore, è possibile reperire molti documenti sia internazionali che nazionali.

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